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.: Il piano industriale FIAT 2010-2014 e l’industria dell’auto regionale (2010)
 
 


Sintesi per la Stampa  

5° Rapporto  

V° Rapporto

Il piano industriale FIAT 2010-2014 e l’industria dell’auto regionale: l’organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro in FIAT-SATA e nell’indotto e le proposte della Fiom Basilicata


Il presente rapporto è stato redatto da Davide Bubbico (Università degli Studi di Salerno) su incarico della Fiom Cgil Basilicata con la collaborazione di Giuseppe Cillis per l’Osservatorio sull’industria metalmeccanica. Giuseppe Cillis è anche autore della parte terza del rapporto.

L’attività di ricerca si è svolta tra maggio e settembre del 2010.
L’autore ringrazia i delegati, i componenti del direttivo e gli iscritti della Fiom Cgil della Fiata SATA e dell’indotto per la collaborazione offerta nella raccolta dei dati e in particolare Vittorio Cilla e Carmine Pastore.




Nota introduttiva

Con questo 5° rapporto sull’auto e la componentistica in Basilicata continua il lavoro di ricerca della Fiom Cgil per mettere in luce i dati sull’occupazione, le produzioni e come queste impattano sulle condizioni di lavoro e di sicurezza. Questo studio prende in esame il Piano Marchionne e il progetto Fabbrica Italia dal punto di vista delle richieste avanzate dalla FIAT, che trasformerebbero completamente sia il modello di relazioni industriali, che delle condizioni di salario e dei diritti dei lavoratori.
La Fiom Cgil intende dare un contributo dal punto di vista delle lavoratrici e dei lavoratori con delle proposte che riguardano il processo di trasformazione che interesserà il futuro dell’auto in un mercato globale, anche attraverso un intervento pubblico che finanzi la ricerca e l’innovazione verso la produzione di auto ecocompatibili in un nuovo sistema di mobilità che faccia del rispetto dell’ambiente una priorità.
Parlare oggi di diritti, rappresentanza, occupazione e del modello di relazioni sindacali alla Fiat di Melfi diventa un impresa molto ardua e fuori dal coro. La vicenda dei 3 licenziamenti (Barozzino, Lamorte e Pignatelli) e dei 3 reintegri disposti dal tribunale e non effettuati basterebbe da sola a spiegare il modello di relazioni industriali che FIAT in testa vuole imporre nel nostro paese con l’assenso ormai di una parte del sindacato (minoritaria nelle fabbriche) che ha rinunciato a mettere al centro della propria strategia il lavoro, i diritti e con essi “i lavoratori che dovrebbero rappresentare”.
Il disegno della FIAT a Melfi è ormai sempre più evidente e parte dal lontano Accordo del 1993, quando si è voluto imporre un modello di relazioni sindacali partecipativo che di fatto metteva il sindacato e i lavoratori in totale subalternità alle scelte dell’azienda, la quale in nome della competitività ha iniziato una fase di progressiva cancellazione degli Accordi Fiat Auto, peggiorando così le condizioni dei lavoratori della SATA.
Questa fase è durata fino al 2004 quando con la famosa “lotta de 21 giorni” i lavoratori insieme alla Fiom Cgil si sono ripresi i diritti, la dignità e il salario, ricostruendo un modello di relazioni sindacali paritario dove il conflitto e i rapporti di forza sono ritornati lo strumento necessario per equilibrare il confronto con la Fiat, che per prima non ha mai creduto alla partecipazione del sindacato e dei lavoratori alle scelte che interessavano lo stabilimento di Melfi.
Sono stati questi anni molto importanti per lo sviluppo della SATA, sia dal punto di vista degli investimenti che delle produzioni, che però non hanno consentito la crescita e la stabilizzazione dell’occupazione, quando massiccio è stato il ricorso ai lavoratori con contratti di lavoro precari (a termine, interinale, somministrato).
Quello che sta avvenendo oggi è la continuazione di un disegno che approfittando della crisi economica e dei valori, vuole cancellare definitivamente le conquiste degli ultimi 40 anni dallo Statuto dei diritti dei lavoratori al Contratto Nazionale di lavoro, passando sopra anche alla Costituzione e alle leggi dello stato. È questa la fase finale di una restaurazione che è iniziata in Italia negli anni ’80 e che rischia di veder cancellato il lavoro come elemento di costruzione dell’emancipazione sociale. Il ricatto della Fiat con l’accordo separato di Pomigliano mette in luce che la competitività senza diritti ci porta sempre più a competere con i paesi emergenti Cina, India etc. dove di fatto non vi sono regole e gli stessi lavoratori diventano una merce.
La Fiom ha deciso di non stare a questi ricatti perché non vi è progresso in un sistema che opprime i lavoratori fino a renderli schiavi. Il ruolo del sindacato è definito solo ed esclusivamente dal rapporto democratico con le lavoratrici e i lavoratori, che devono poter decidere sulle proprie condizioni di vita e di lavoro con la stessa dignità dei cittadini, attraverso la partecipazione attiva alle scelte che riguardano il loro futuro.
La Fiat con la complicità di una parte del sindacato pensa di dividere i lavoratori cancellando le regole della rappresentanza che hanno visto la Fiom ritornare ad essere il 1° sindacato alla Fiat di Melfi, dimenticando che senza la fiducia e il rispetto dei lavoratori non si migliora la competitività, ma che solo attraverso il riconoscimento dei ruoli e delle diverse esigenze si può immaginare di costruire le prospettive del settore auto nel nostro paese. Secondo il piano Marchionne lo stabilimento di Melfi dovrà produrre più di 400.000 vetture all’anno dal 2014, e per fare questo crediamo che siano necessari ulteriori investimenti e un aumento dell’occupazione, non certamente un clima repressivo.
Il sindacato di fronte a questo scenario deve necessariamente scegliere di rimettere al centro della propria strategia il lavoro e la democrazia, contro la logica del profitto e delle imprese che in modo spietato stanno spostando la ricchezza prodotta nella finanza e nelle speculazioni, sempre più lontano dal lavoro, noi lotteremo affinché il futuro dei lavoratori significhi “miglioramento e non sfruttamento”.

Potenza 4 Ottobre 2010
Emanuele De Nicola
Segr. Regionale FIOM-CGIL


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